Nella stipula di accordi «storici» ormai Biagio Mataluni è specializzato, ma quello siglato con il Fondo Trinity Investments non ha precedenti in fatto di importanza per l’azienda olearia di Montesarchio, un’operazione finanziaria in grado di rilanciare e far svoltare gli Oleifici Mataluni – OlioDanteSpA,proiettandoli, a conclusione del quinquennio del progetto di partnership, verso Piazza Affari per quotarsi in Borsa. Il Fondo internazionale investe 20 milioni di euro nell’industria olearia, somma significativa la cui prima tranche, paria 10 milioni,è stata resa disponibile già alla firma, nel mentre l’altra metà sarà erogata entro questo primo semestre 2016. Questa collaborazione, non solo corroborerà l’attività degli Oleifici Mataluni sotto l’aspetto economico, ma il Fondo Trinity Investments porterà in dote anche un vasto patrimonio di contatti e relazioni internazionali,consentendo all’azienda caudina di aggredire e penetrare i mercati, in particolare quelli statunitensi, Giappone e Nord Europa laddove il Fondo è molto presente e ramificato.
«Si tratta – dice il presidente Mataluni– di una iniziativa estremamente importante anche per la nostra provincia, sia perché riguarda un’azienda locale che è stata capace di attrarre investimenti esteri nel nostro territorio, sia perché il team che ha condotto l’operazione è beneventano, lo Studio Porcaro, guidato da Mario Porcaro. È la dimostrazione dei risultati che possiamo raggiungere facendo rete e della capacità che il nostro territorio può esprimere sia in termini di progetti imprenditoriali che di professionisti altamente specializzati».
Per capire ancora meglio il valore di questa operazione, basta guardare i dati e le cifre. Dal punto di vista occupazionale,il numero dei dipendenti della divisione olearia del Gruppo è pari a 100, attualmente impegnati al 50% delle ore. Si prevede che, grazie a questa partnership, nell’arco dei prossimi 18-24 mesi saranno impiegati tutti al 100% e che, nel 2020,il numero complessivo dei dipendenti possa attestarsi sulle 120 unità lavorative, facendo lievitare il numero degli operai a scapito degli impiegati (il gruppo impegna altre 45-50 unità nelle divisioni energia, immobiliare ed imballaggio). E non solo. È previsto anche un incremento del fatturato: dai 100 milioni attuali si dovrebbe passare ai 180 milioni nel 2020. Notevoli le ripercussioni che questa operazione potrà generare anche sul comparto agricolo,nella fattispecie in quello oleario. Grazie a questo investimento, infatti, l’azienda potrà rilanciare un progetto di filiera per la valorizzazione dell’olio 100% italiano. L’obiettivo è mettere in connessione diretta il produttore agricolo con il consumatore finale, attraverso lo scaffale della grande distribuzione organizzata, puntando sulla qualità dei prodotti e sul gradimento del made in Italy nel palcoscenico globale, e garantendo al tempo stesso la giusta remunerazione a tutti gli attori della filiera olearia, in particolar modo ai produttori e alle aziende di trasformazione.
La sfida ambiziosa è creare un «campione dell’olio italiano nel mondo»,che possa svilupparsi e ampliare il proprio raggio di commercializzazione a livello mondiale, attraverso l’approvvigionamento di olio italiano al 100%, sia nella filiera dell’olio di oliva che nella filiera dell’olio di semi (con le sue implicazioni positive: controlli, minor lunghezza del trasporto, sostenibilità ambientale, tracciabilità),utilizzando la notorietà di marchi storici che esprimono l’italianità del prodotto (Dante, Lupi, Olita, Topazio, OIO, Minerva) per conquistare ulteriori quote di mercato domestico ed internazionale.
Per quanto concerne, invece, gli oli di semi, in Italia, pur essendoci un grande consumo di oli per frittura (il 70% è olio di girasole), non vi sono valorizzazioni delle produzioni nazionali. I semi di girasole prodotti dagli agricoltori italiani sono acquistati dai grandi player esteri (soprattutto nell’ area del Mar Nero) che,miscelando le produzioni italiane con le masse di materia prima provenienti da altre parti del mondo, realizzano un olio di semi di girasole grezzo, quotato sui mercati internazionali, senza distinzione di provenienza geografica. L’idea del gruppo Mataluni è quella di valorizzare,invece, i terreni del Sannio abbandonati o riconvertire parte di quelli votati alle coltivazioni del tabacco perla produzione del seme di girasole e per creare sviluppo nel territorio.
Il Mattino – Oleifici Mataluni, al via l’operazione rilancio