La base imponibile dell’imposta ipotecaria (2%) e catastale (1%) non ammette la deduzione di passività (il caso si verifica nelle cessioni di azienda e nei conferimenti di immobile con accollo di debiti alla società conferitaria): queste imposte vanno applicate sul valore lordo dei beni conferiti e non sul valore netto che si ottiene sottraendo le passività dall’attivo che viene fatto oggetto di trasferimento. Con queste affermazioni, l’agenzia delle Entrate (circolare n. 25/E del 30 maggio 2005) torna su un annoso problema, sul quale, in senno conforme a quanto affermato dall’amministrazione, già si era espressa la Corte di cassazione, nelle sentenze 11 febbraio 2003, n. 10486, e 5 giugno 2002, n. 15046. Le conclusioni cui sono giunte sia l’amministrazione fiminziaria che il supremo Collegio appaiono tuttavia assolutamente inaccettabili perché la legge dell’imposta ipotecaria e catastale (decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347) parla assai chiaro, quando dispone che le imposte dovute per la trascrizione e la voluta catastale sono <<commisurale alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro>>. La lettura di questa disposizione non può portare ad altro risultato che a quello di ritenere l’imposta di registro e l’imposta ipotecaria e catastale tutte basate (com’è d’altronde logico che sia, stante la loro affinità) su un medesimo criterio di calcolo della loro base imponibile. Qualsiasi diverso ragionamento appare completamente distorto rispetto al percorso delineato dal legislatore in modo assai chiaro. Tanto è vero che non può non intravedersi capacità di contorsionismo quando si cerca di capire la motivazione in base alla quale amministrazione finanziaria e Cassazione tentano di creare questo doppio binario nella tassazione degli atti soggetti sia a imposta di registro che a imposta ipotecaria e catastale. Questa motivazione, dunque, sarebbe quella secondo cui «l’imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali sono autonome dal punto di vista impositivo e si caratterizzano per la diversità di oggetto; mentre la prima è dovuta per il trasferimento di ricchezza realizzato con l’atto tassato, le seconde sono correlate ai servizi resi ai fini della circolazione dei beni, mediante la formalità della trascrizione e la voltura catastale» (risoluzione 23 settembre 1991, n. 350865; Cassazione 23 marzo 1994, n. 2772, 5 giugno 2002, n. 15046 e 9 luglio 2003, n. 10751)- Ebbene, non v’è chi non veda la palese erroneità di questo ragionamento; perché, se è anche vero che le imposte ipotecaria e catastale sono dovute a fronte del fatto che per un dato atto occorre movimentare i registri immobiliari e catastali, questa considerazione non può per nessun motivo dimenticare (come, però, accade) che la legge è chiarissima nello stabilire il metodo di determinazione della base imponibile, che è invariabilmente quello dell’imposta di registro, senza alcuna possibilità di eccezione. Se il registro si calcola, dunque, su un determinalo ammontare, lo stesso ammontare non può non essere anche quello su cui si calcola l’imposta ipocatastale.